Descrizione
Il reliquiario è costituito da una teca cilindrica con cupola emisferica in cristallo, all'interno della quale è la reliquia, sostenuta da una base decorata con Cherubini. La teca è sormontata da una cuspide esagonale con piccole bifore, culminante a sua volta in una piramide con crocetta apicale. Sulle facce reca incisi: sulla frontale, il Crocifisso tra la Vergine e l'evangelista Giovanni, il pellicano, e il Calvario col teschio di Adamo; sulla posteriore, il Tetramorfo, l'Agnus Dei, e la protome vescovile, forse, di San Zanobi. Lo stelo ha piede polibolo e nodo a sei facce, decorato con medaglioni incisi e smaltati, raffiguranti: la Vergine e san Giovanni dolenti, San Miniato, due giovani santi, con libro e palma del martirio. Sulla parte superiore del piede sono angeli musicanti, mentre, in basso, è la Vergine tra il Battista, San Zanobi e Santa reparata e, forse, Eugenio e Crescenzio diaconi. Sotto il nodo è l'iscrizione di Francesco Vanni.
Notizie storico critiche
Il reliquiario contiene una costola di santa Reparata, che fu donata nel 1605 da Cosimo dei Conti della Gherardesca, arciprete fiorentino, quand'egli era vescovo di colle Val d'Elsa ed ebbe così occasione di prenderla da quella cattedrale, dove si trovava da tempo immemorabile. Nel reliquiario si notano due diverse fasi di lavoro: la teca in vetro, con la base decorata a Cherubini, appartiene al tempo della donazione, ed era già completata per la visita dell'arcivescovo Niccolini nel 1633. La parte a lanterna cuspidata, il piede e lo stelo, invece, confermano l'attribuzione a quel Francesco Vanni nominato dell'iscrizione, di cui si hanno notizie tra il 1366 e il 1390. Il Cocchi lo confuse col Francesco detto "de' Calici", allievo di Neri di Bicci, nelle cui ricordanze è nominato nel 1473. Wackernagel, proseguendo sull'errore, datò il reliquiario al 1460 ca. Fu invece il Rossi ad attribuire correttamente la paternità dell'opera a quel Francesco Vanni, autore anche del calice della cattedrale di Barga, vicinissimo al presente reliquiario, e stilisticamente affine al gusto dell'ultimo quarto del XIV secolo. A tal proposito, il Toesca, notò delle affinità stilistiche tra i disegni degli smalti e la maniera di Mariotto di Nardo o di Raffaello di Jacopo Franchi, giottisti aperti alle dolcezze gotiche. Nel 1969 Becherucci ritenne che il reliquiario della fine del XIV secolo fosse stato riadattato alla nuova reliquia in occasione della donazione, nel XVII secolo. Quanto alla provenienza della reliquia, che Del Migliore confondeva con un'altra "falsa" presa dai fiorentini a Napoli nel 1365, Bicchi riporta il rinvenimento di un ricordo nel reliquiario in occasione della visita pastorale del 1676, dove si ricordava la reliquia in relazione alla consacrazione dell'altar maggiore della cattedrale di Santa Reparata di Colle Val d'Elsa, avvenuta nel 1304. Bicchi ipotizza che, al momento del ricomponimento, nel 1615, nel reliquiario furono poste altre reliquie credute della santa, per errore nella lettura del biglietto, dove la stessa santa era citata in allusione all'intitolazione, appunto, della chiesa di provenienza.
Relazione iconografico religiosa
La forma del reliquiario, pur nelle sue integrazioni più tarde, si mantiene iconograficamente coerente. Due sono i riferimenti simbolici: al calice eucaristico, e all'edificio ecclesiastico. Il primo riferimento serve ad esaltare il valore della reliquia, quale testimonianza della santità di Reparata, soprattutto nel suo essere martire, e quindi fedele al modello del Cristo, fino al sacrificio, cioé al versamento del sangue. Il rimando architettonico ad un edificio ecclesiastico, ben evidente nella lanterna esagonale, sottolinea l'importanza della santa, quale fondamento e pilastro di sostegno della Chiesa. Questo ruolo civile è corroborato nel reliquiario dalla presenza in figura di tutti i grandi santi protettori di Firenze, dalla Vergine, a San Miniato, al Battista, a San Zanobi; giacché essi, per la devozione locale sono i cardini della vita religiosa e non solo della città di Firenze. Infine, l'elemento della lanterna apicale, afferisce a una simbologia spiccatamente cristologica, con riferimento al Cristo luce giovanneo (Ap 21, 23): "La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello". Tale allegoria luminosa ben si confà al reliquiario: la reliquia deve infatti illuminare la fede del devoto, e il martire di cui quella è traccia fisica, a sua volta, è testimone e, quindi, promanatore della fede.